Giorgio Panico – Necronomicon / Full length
Autoprodotto / 2019
Strumentale, jazz, alternative
Ascolta il brano: The fabulous Yog-Sothoth
Giorgio Panico è un bassista e compositore rodato che ci presenta un disco strumentale, Necronomicon, interamente ispirato all’opera del maestro di Providence Howard Phillips Lovecraft.
Accompagnato da due musicisti di grande spessore (Carlo Cantini al violino e Emanuele Pellegrini alla batteria) il nostro si avventura in una dimensione assai rischiosa, se non altro perché data la premessa letteraria l’ascoltatore non può scindere la musica proposta dall’immaginario in questione, almeno se è un lovecraftiano incallito. Ma alcune specifiche le possiamo dare. Intanto la grammatica musicale, volendo essere un tantino schematici, è jazz progressive a prevalenza ritmica, quindi basso dominante, ma non imperante che lascia una certa libertà alle diramazioni sul tema (o forse a una sorta di doppia voce), sicché assistiamo a evoluzioni briose – per quanto non furiose – di percussioni interessanti, marimba, vietnamese gongs, dan moi e una sapiente alternanza di violino elettrico e acustico. E questo è il ricettario sonoro, diciamo così, che bisognava pur presentare per dovere di cronaca.
Ma torniamo al rischio. Nella presentazione del disco si legge: “Questo concept album è ispirato all’opera letteraria di Howard Phillips Lovecraft. Contiene passaggi, rituali e inni del Necronomicon. Si prega di maneggiare con cura!”
Ottimo consiglio. La faccenda sembra alquanto seria, quindi sarà il caso di lasciar stare la grammatica musicale per entrare subito nel cuore del discorso. Non saprei davvero giudicare questo lavoro senza la sua premessa. La premessa è Lovecraft, o almeno una sincera esperienza di lettura del nostro beniamino del New England. E devo dire che sincerità è la prima cosa che ho pensato, dopo un iniziale scetticismo, ascoltando Necronomicon: si capisce subito che c’è un rispetto di base, una sensibilità verso il tema proposto che in definitiva si traduce in lucidità. Nel senso: non c’è alcuna intenzione di mettere in scena qualcosa di spaventoso o terrificante o innominabile, mi pare di aver capito che qui il punto di vista assunto dalla musica narrante non sia quello del lettore spaventato, che in ultima analisi è un lettore conformista, dato che leggere Lovecraft, per quanto possa suonare strano, provoca un certo sollievo.
Non stiamo parlando di una musica rilassante, questo è chiaro, ma – così mi piace vederla – c’è il rilassamento o meglio la sublime indifferenza del male. Questo basso, questo battito diversamente quieto lo interpreto come il respiro di Cthulhu e dei suoi adepti, la vittoria o il sollievo dell’altrove (e di noialtri), almeno nella sua sincera intenzione.
Le ripetizioni che rasentano l’ossessione le interpreto come ossessioni non umane, come respiri diversamente allegri delle creature antiche e indifferenti all’umanità concepite da quel genio incompreso di Lovecraft. Sarebbe molto interessante assistere a un live di questo Necronomicon magari con dei supporti video studiati ad arte su questi temi.
Trovo che la prima parte del disco, ascoltata rievocando di volta in volta i brani dello scrittore di Providence, sia davvero brillante. Mentre nella seconda parte, dopo “Festival”, avverto un calo, forse una perdita di controllo o di lucidità, a parte alcune eccezioni come “The dream-quest of Kadath”. A un certo punto la musica prende il sopravvento sulla scena, sullo spirito, forse ci sono troppe note, nel senso di troppa concitazione, o magari un pizzico di autocompiacimento. Ma ragazzi, il rischio era davvero altissimo.
Questa di Necronomicon non sarà la musica di Erich Zann descritta da Lovecraft in persona, ma ha una bella dignità e credibilità, perciò vale assolutamente la pena ascoltarla in solitudine, di notte ovviamente, con una luna complice. Pronta a colpire.
Iä! R’lyeh! Cthulhu fhtagn! Iä! Iä!
Paolo Lubinu
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