Egon - Il cielo rosso è nostro / CD
Una Produzione: Mizar Elektric Waves / 2016
Folk, Dark, Noise
Ascolta il brano: Dissolvenza
Il cielo rosso è nostro è il primo disco degli Egon, sette tracce di rock (post rock, wild rock, vedete voi) maturo ed equilibrato, dove la disarmonia, diciamo la dissonanza, accompagna spesso l’ascoltatore senza disturbarlo. Oppure: non c’è nessuna disarmonia, ma un’armonia inquieta, mai retorica.
Il primo brano, Dissolvenza, ha tutte le carte per essere una vera hit: si sente un ritorno di Achernar (Achernar/bandcamp), completamente trasfigurato dove il charleston è come un serpente a sonagli, e quando il veleno entra in circolo ecco che torna l’equilibro di cui parlavo: c’è un leggero sapore di Verdena forse, di Marlene, di Ferretti, insomma ci siamo capiti.
Il riff monolitico di Immobile si distorce in un’ellissi che non torna mai uguale pur tenendo un andamento ossessivo, techno; mentre le linee vocali sinuose e severe si adagiano sui temi del brano: la solitudine, la suggestione del paesaggio, il mare piatto, immobile appunto. Anche le ritmiche sembrano privilegiare i contenuti esistenziali cercando di affondare nell’onda, senza mai spezzarla.
C’è un bel cambio mood in Onirico: ballad, episodi acustici, esotici che si amalgano a un riffing decisamente postpunk, dove le spigolosità armoniche, sanguigne, fanno un tutt’uno con le tinte forti evocate nelle liriche: il blu il rosso il fuoco il nero e l’ocra (che disegna i fiori e le spighe, cit).
Dry è sicuramente la più radiofonica dell’album: per quanto il testo sia anche in questo caso di stampo esistenziale le linee vocali si trascinano una forte eco emotional (sarà anche il cantato in inglese?), la melodia di fondo ha delle implicazioni vagamente britanniche e in generale ci sarebbe una sorta di evoluzione wave che comunque dà spessore – oggettivo – alla struttura del brano.
Nella quinta traccia, Il sogno, si ritorna in patria… c’è un richiamo dell’epica oscura alla Achernar, dove il paradosso esistenziale viene espresso chiaramente: l’eternità e l’attimo; questa esplicità netta – direi liturgica – ha un sapore più metal. Ci sta.
Stratificazione è probabilmente la traccia più indie (indie si fa per dire, eh…): il fondo del suono resta oscuro ma il tappeto da cantastorie è appunto quello del nuovo indie, per quanto andando avanti con l’ascolto il brano si configura come una marcia post punk che precipita (in senso buono) in “area”, nuova, elettrica, come da sollecitazioni elettriche citate nel testo. La miscela ben equilibrata rende il pezzo più sperimentale di altri.
The red sky is our è la chicca che chiude l’album. Anche in questo caso abbiamo a che fare con una marcia, forse più spinosa, più coerente (più doom?); probabilmente più raffinata, poco e per niente indie insomma. In quest’ultima traccia si percepisce una forte vena noise, ma le linee vocali e una melodia abbastanza consolatoria ammortizzano il tutto.
Gran bel disco, consigliato ai darkettoni, ai punk più intellettuali, ai rocker.
Paolo Lubinu
BREVE BIOGRAFIA
Egon nasce nel maggio 2015, e da subito lavora al primo disco, IL CIELO ROSSO È NOSTRO, che verrà pubblicato dalla Mizar Elektric Waves nel dicembre 2016.
L'8 dicembre 2017 uscirà 100000 KM DI VENE, secondo album di Egon prodotto e pubblicato dalla Mizar Elektric Waves.
La band è composta da
Marco Falchi alla voce e chitarre,
Marcello Meridda alla batteria,
Francesco Pintore al basso e Davide Falchi alla chitarra.
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