Era il 21 giugno 1999, il solstizio d'estate dell'ultimo scampolo degli anni '90, quando Valvonauta, un EP di quattro tracce a opera di una sconosciuta band del bergamasco, tali Verdena, faceva irruzione nella movimentata scena alternative rock italiana. Il disco conteneva la title track che diventò in seguito anche il primo singolo estratto dall'album di debutto, uscito a settembre e prodotto da Giorgio Canali dei CSI. Questa la storia telegrafica di un brano di cui, almeno seguendo il filo dell'emotività, si potrebbe parlare per interi capitoli.
Valvonauta è uno di quei pezzi generazionali, che non soffre il passare del tempo. Vent'anni sono tanti, non lo si può negare, e soprattutto i vent'anni che separano il '99 dal nostro oggi hanno visto cambiare radicalmente non solo il mondo del rock ma il concetto di musica in generale. Quando i Verdena rilasciarono il pezzo con annesso videoclip era l'epoca delle televisioni musicali che condizionavano marcatamente il pubblico più giovane, e una parte di merito di quel successo va ricercato nel palinsesto di Mtv e company. Un video che toccava (e tocca) nervi scoperti perché racchiude tante suggestioni: il grunge (appena morto), l'adolescenza, la provincia più estrema. La voglia di pogare sotto un palco o di girare senza meta (e senza casco) per tutta la notte. Un'estetica semplice, forse troppo essenziale per i gusti attuali, ma chissà per quale curiosa congiunzione astrale ancora attraente. Il segreto dell'eterna giovinezza di Valvonauta però non sta nelle immagini lo-fi del video e nemmeno negli inconfondibili riff di basso e chitarra, ma nel testo, un enigma di cui i Verdena si sono sempre guardati dallo svelare. C'è da ricordare che nel 1999 l'indie rock italiano era legatissimo ai contenuti, al racconto, alla storia: dai CCCP a seguire i testi delle band alternative avevano un importanza pressocché assoluta. Ma dopo l'irruzione dei Verdena, anche questo tabù crollò miseramente per fare spazio a brainstorming di parole inanellate e frasi mozze che suonavano come e più degli strumenti.
foto Alessandra Beltrame
Negli anni e negli album successivi la band continuò a sfornare testi sibillini e titoli enigmatici, ma Valvonauta fu il capostipite: lo stesso Alberto Ferrari intervistato a riguardo parlò di una sorta di viaggio tra le valvole di un amplificatore. Cosa c'entrasse la figura di questo insolito esploratore di marchingegni con il ritornello (Sto bene se non torni mai), rimane ancora oggi un affascinante rompicapo.
Tanti Auguri Valvonauta!
Joveline