È uscito un nuovo adattamento manga de L’ombra venuta dal tempo di H.P. Lovecraft, due volumi in cofanetto per la J-Pop.
L’autore Gou Tanabe è riuscito a dare ampio respiro agli orrori e alle ambientazioni lovecraftiane rispettando la poetica oscura e straniante dello scrittore di Providence, come del resto aveva già fatto in lavori precedenti quali Il Mastino e altre storie, Il Colore Venuto dallo Spazio, L’Abitatore del Buio e Le Montagne della Follia, solo che stavolta vince il premio come miglior serie al Festival di Angoulême 2020.
Tanabe ci conduce nell’abisso con una certa eleganza: l’orrore viene inteso e rappresentato come divario incolmabile tra l’uomo e il destino del mondo che lo esclude; lo storytelling visivo gioca dunque sulla contraddizione tra il volto umano debole, sebbene in primo piano, e la magnificenza del mostro che in realtà è un essere più evoluto e che ignora l’uomo, anche se il mostro di mezzo, la razza di Yith, sfrutta l’essere umano per ampliare le sue conoscenze e riempire di infinite informazioni la sconfinata biblioteca nel grande deserto sabbioso dell’Australia di trecentomilioni di anni fa.
Va da sé che il ritmo proposto oscilli tra la lentezza, tuttavia avvincente, della vicenda psicologica del protagonista e l’intensità apocalittica, ma affascinante, della visione del mostro. Resta davvero poco spazio per l’improvvisazione o strane interpretazioni: la fedeltà allo scritto originale è altissima.
L’Ombra Venuta dal Tempo è uno dei racconti più lunghi dello scrittore di Providence e venne pubblicato per la prima volta nel giugno 1936 sulla rivista fantascientifica Astounding Stories; probabile che fra un centinaio d’anni le sue opere verranno riproposte in altre versioni, mentre una montagna di blasonata editoria verrà spazzata via dalla memoria.
Così come vuole Cthulhu.
Marcella Muglia
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