Roberto De Feo è candidato ai Nastri d'argento 2020 come Miglior Regista Esordiente con The Nest (Il nido), horror presentato in anteprima mondiale al Festival di Locarno 2019. La pellicola è riuscita a farsi notare come miglior esordio per il genere in questione al box office Italia e per l'accordo firmato tra Gotham Film Group e Colorado Film sull'acquisizione dei diritti in vista di un remake americano.
In attesa delle premiazioni del 6 Luglio, senza la tradizionale cerimonia ma in diretta tv su Rai Movie, abbiamo fatto due chiacchiere con il regista.
Ciao Roberto, partiamo subito con la nomination ai Nastri d’argento: cosa significa per te questo riconoscimento, visto che il cinema horror in Italia viene spesso snobbato?
È un risultato inaspettato che mi dà fiducia ed entusiasmo. Sia da regista che da amante del genere facevo il tifo da anni sperando di vedere un esordio horror italiano candidato nella categoria degli esordienti. Servono segnali positivi affinché si riprenda con determinazione la produzione di un genere, l’horror italiano, dimenticato per troppo tempo anche a causa di questa tendenza a imitare la cinematografia di altri paesi, specie quella Americana. Spesso ci dimentichiamo che questo genere lo abbiamo inventato noi (assieme agli inglesi, ok). Mi auguro che il percorso internazionale di The Nest, partito dalla prima mondiale in Piazza Grande al Festival di Locarno, possa mandare un segnale positivo ad altri.
Bisogna ripartire dal talento dei giovani autori e soprattutto da idee che siano consapevoli del momento storico che stiamo vivendo. È sotto gli occhi di tutti quello che sta facendo Jason Blum con la sua Blumhouse, ormai leader mondiale nella produzione di horror per il mercato internazionale. Partendo da Get Out arrivando fino a L’uomo invisibile, stiamo assistendo a un nuovo modo di concepire l’orrore, un orrore legato ai problemi sociali più diffusi. Ne è esempio perfetto proprio L’uomo Invisibile dove per la prima volta la storia non è raccontata dal punto di vista del personaggio di Wells ma da quello della vittima, una moglie succube di un marito violento.
Nel tuo film il rapporto madre e figlio è molto toccante, c'è qualcosa di personale in questa doppia dimensione di amore e possessione?
Sembra contorto ma in realtà per costruire il rapporto d’amore tra madre e figlio sono partito da ciò che mi interessava raccontare: la paura. La paura mi ha sempre affascinato. Volevo esplorare quella che secondo me è una delle peggiori, ovvero la paura di perdere qualcuno che amiamo e il senso di protezione che ne scaturisce. The Nest nasce da un pensiero: fino a dove ti spingeresti per proteggere la persona che ami? Da quel profondo senso di protezione e dall’amore che solo una madre può avere nasce poi la possessione. C’è una mia esperienza personale alla base di tutto. Ma credo che sia un po’ l’esperienza personale di tutti noi. Quando ero piccolo una delle cose che mi colpiva maggiormente era l’attenzione, l’ansia e la paura che i miei genitori provavano quando non avevano il controllo su ciò che stavo facendo. Ricordo quando tornavo a casa dopo le prime uscite da solo. Guardando le loro espressioni di sollievo mi sentivo come se fossi appena tornato sano e salvo da un mondo dominato da zombie e licantropi. Ecco, il punto è proprio questo: il mondo in cui viviamo oggigiorno forse è anche peggiore.
Un timore strisciante e perverso rende la tua casa (il tuo nido) un personaggio a tutti gli effetti. Un vero fantasma. Ce ne vuoi parlare?
La casa è senza dubbi la protagonista del film. Feci rinviare le riprese di un anno perché non avevo ancora trovato il nido giusto. Quando visitai Villa dei Laghi fu amore a prima vista. Dissi chiaramente alla produzione “o qui, o niente”. Dopo un anno e mezzo di sopralluoghi in giro per l’Europa sentivo di essere nel posto giusto. Villa dei Laghi è stata costruita su volere di Vittorio Emanuele II ed era la tenuta di caccia del Re, prima di diventare la residenza delle sue amanti. È un luogo magico che pare sospeso nel tempo perché è riuscito a mantenere l’anima delle tante famiglie che l’hanno abitata nel corso del tempo. Ogni ambiente ti cattura portandoti in un universo unico. La cosa più incredibile era che un posto così fosse abbandonato. Grazie al film abbiamo riportato in vita alcune delle parti più belle della villa e dopo il successo ottenuto la Regione Piemonte ha approvato un piano di recupero del sito: ristruttureranno la tenuta e la villa, che sarà visitabile dai turisti. Questo è il premio più bello ricevuto da questa esperienza.
Per quanto riguarda il ruolo della casa nel film, era fondamentale che riuscisse a sembrare una casa di fantasmi, dove però i fantasmi non erano entità sovrannaturali, ma persone reali.
Villa dei Laghi
Cosa ti attrae del linguaggio horror – in senso ampio – e quali sono i film che ti hanno maggiormente influenzato?
Il genere horror è il genere con il maggior pubblico, da sempre. Questo perché avere paura e allo stesso tempo averne il controllo, affascina. Quando guardi un horror puoi vivere esperienze ai confini della realtà, esperienze che probabilmente non vorresti mai vivere nella vita reale ma che comunque vuoi conoscere. E poi hai sempre il controllo, puoi chiudere gli occhi o cambiare canale ed è tutto finito. Questo meccanismo credo sia il segreto del successo di questo genere.
I miei film horror preferiti sono senza dubbio Fright Night, The Others, They Lives e The Conjuring. Per le serie cito solo The Haunting of Hill House, che non ha rivali.
Ti saluto e ti ringrazio per la disponibilità. Per concludere ci vuoi dare qualche curiosità sui nuovi progetti a cui stai lavorando?
Al momento sto seguendo gli sviluppi del remake americano di The Nest, purtroppo fermo a causa del Corona Virus. Se mai ripartirà comunque non sarò io il regista.
Grazie a te!
Marcella Muglia
The Nest (Il nido) - il nuovo horror italiano
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