Lina Wertmüller, classe 1928, è la prima regista donna nella storia dell'Academy a essere candidata all'Oscar per la miglior regia con il film Pasqualino Settebellezze nel 1977, statuetta che poi le sfugge di mano e va a John G. Avildsen per Rocky.
Pasqualino riceve ben 4 nomination (miglior regia, miglior attore protagonista, miglior film straniero e miglior sceneggiatura originale) ed è in gara con pellicole d’eccezione tra cui Taxi Driver, Carrie lo sguardo di Satana, Tutti gli uomini del presidente, Quinto potere e altri cult come Il presagio.
Ora, a 91 anni, esattamente 42 anni dopo quell'evento, Lina Wertmüller riceve l'Oscar alla carriera ai Governors Award dell'Academy, dove ironizza subito sul premio: "Bisogna cambiare il nome a questa statuetta, perché Oscar? Chiamiamolo con un nome di donna: chiamiamolo Anna".
Essere, anzi fare, la regista “donna” in un mondo che era (ed è?) maschio, o meglio macho, con un'idea – omogenea tra operai, insegnanti o magnati di successo – della donna "peculiare" e "bizzarra" o semplicemente da "troglodita", non dev'essere stata una passeggiata.
Come non citare i mitici occhiali bianchi, prima con montature enormi in stile anni '70 e '80 e poi più minuti, o i lunghissimi titoli dei suoi film, tanto criticati e tanto amati. Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare di agosto, per esempio: un film che racconta le differenze di genere e di classe sociale con leggerezza e sarcasmo, divenuto cult anche grazie alle interpretazioni dei mitici Giancarlo Giannini e Mariangela Melato.
Molto interessante a questo proposito certa “reazione” di quegli anni al cinema della Wertmüller, anche da parte delle femministe “perché i film non erano abbastanza femministi”, per non parlare del memorabile battibecco con Nanni Moretti.
Nel suo primo film, Io sono un autarchico, Nanni interpreta se stesso (vizio che non ha mai perso) e rigurgita un liquido verde mentre elenca i film della nostra Lina: Wertmüller chi? – fa Moretti rivolgendosi al suo giovane amico in terrazza – Quella di Mimì metallurgico? Quella di Travolti da un insolito… Ma Wertmüller quella di Pasqualino settebellezze? E quindi via col vomito verde. In seguito, al festival di Berlino, la regista gli si avvicina porgendogli la mano, ma lui gira le spalle e se ne va, e a quel punto parte il celebre: “A Moretti… ma Vaffanculo!”.
Diciamo che anche questo è cinema. E anche il seguito, a essere fantasiosi: proviamo a immaginare un Moretti che vomita ancora bile verde, gialla e rossa per la consegna dell'Oscar alla carriera a una regista che ha portato il cinema italiano a Hollywood con Pasqualino Settebellezze (oltremodo sopravvalutato, secondo una certa area liberal borghesuccia). Volendo, a questo finale colorato potremmo aggiungere un signor epilogo, una citazione lapidaria – per così dire – del grande regista Mario Monicelli: “Vedo che ora il barone è Nanni, e me ne rallegro”.
We want Anna!
Marcella Muglia