You Closet

DI JOVELINE

"La gente cerca di buttarci giù, solo perchè ce ne stiamo in giro" dice la prima strofa di My generation degli Who...



Dopo l'ultimo numero dedicato al postmoderno ultracontemporaneo torniamo a parlare di moda suburbana, elitaria, vintage e possibilmente rissaiola.
E anche motorizzata chiaramente.
Cari nostalgici di epoche mai vissute, questo numero di youcloset racconta un'era tanto affascinante da sembrare finta - e pure un po' eterna data la sua tendenza a rinascere una volta al decennio circa - e strettamente legata alle tre passioni ancestrali del giovane occidentale: la musica, il calcio e la moto. Aggiungiamo la passione per la moda e il divertimento (sano e malato), e stiamo parlando ovviamente dell'uragano generazionale dei Mod! "La gente cerca di buttarci giù, solo perchè ce ne stiamo in giro" dice la prima strofa di My generation degli Who, da molti considerato l'inno della prima ondata mods e il prototipo del Mod così come lo conosciamo è un giovane elegantone, che appunto se ne va in giro, scapestrato ma chic, ossessionato dai suoi abiti sartoriali e che sparisce dietro l'angolo in sella al suo scooter italiano carico di specchietti retrovisori.

Un po' superficiale come descrizione?

Il Mod per sua intriseca essenza non è un movimento cervellotico, sovversivo, anti-establishment come tante correnti subculturali più o meno contemporanee... o meglio lo è nel suo elitarismo snob e svagato. E oggi come 50 anni fa è impossibile negare che questo è uno dei pochi stili che suggerisce un'estrema diversità, non solo d'immagine: come se il mod, fosse sempre più moderno e più avanti di qualsiasi altra cosa abbiate visto fin ora. Beh probabilmente è questo il segreto della coolness che ha portato questo movimento a rivivere in così tante generazioni. Ma se il modernista nasce in Inghilterra e ben presto conquista l'Europa, bisogna ricercare le sue origini oltreoceano, è lì che si accende la scintilla, tra il jazz più scalmanato e i primi vagiti di rhythm'n'blues, quando i dischi black americani con le loro copertine patinate conquistano i giovani figli della middle class. Allora nascono i primi club dove si va appositamente per ballare,bere e sballare e dove a fianco del classico "gruppo con gli strumenti" si fa largo una nuova figura nell'intrattenimento giovanile: il dj.
I Mod copiano il look dei grandi bluesmen, abiti sartoriali con giacche strizzate e pantaloni slim fit, occhiali scuri anche di giorno; e ben presto sono riconoscibili come una tribù affascinante e inavvicinabile. Una tribù dedita al culto della rarità, del pezzo unico, sia esso un disco o una giacca in tweed, nell'individualismo più esasperato: del resto il terrore più grande per un mod era incontrare un altro mod vestito come lui.
Ma come sempre nelle culture underground a un certo punto si arriva un processo di fusione: nessuno sa di preciso come e quando la musica nera cominciò a contaminarsi col beat e il rock'n'roll e la pubblicità. Londra sta per diventare swinging e i vestiti sono il lasciapassare per la felicità: le boutique e le sartorie fanno affari d'oro e la neonata tivù britannica nel 1963 inventa un nuovo show apposta per i "giovani" catapultando la cultura Mod in tutta l'Inghilterra: Ready steady go! è l'antesignano di tante trasmissioni musicali, presenta neonati gruppi Mod o che ne cavalcavano l'onda: Kinks, Small Faces, Birds, High Numbers (ben presto ribattezzati The Who) ma soprattutto manda in onda il pubblico dei concerti: mods e modettes che si agitano sotto il palco con i loro abiti supercool e il loro atteggiamento distaccato. Nasce una moda e forse muore un'elite, ma su e giù per il Regno Unito comincia la grande era dei raduni: i modernisti con le loro vespe e lambrette cromatissime, i loro parka militari e le loro fidanzate in sella si danno appuntamento lungo le coste inglesi, per pavoneggiarsi tra loro o per darsele con i loro nemici mediatici, i Rockers, più spesso con la polizia. La stampa inglese ha materiale a sufficienza per spaventare genitori e insegnanti e far sognare gli adolescenti!
Ma gli anni '60 sono stati un decennio particolarmente breve e in un momento i grandi gruppi inglesi abbandonano le sonorità beat e si spostano verso la sperimentazione più lisergica: anche l'abbigliamento cambia, arriva la psichedelia con il suo carrozzone e i Mod sembrano destinati ad eclissarsi, per fare spazio a hippies e contestatori. È solo un'attimo, giusto il tempo di farsi passare la sbornia peace&love ed ecco che i nostri ritornano più forti di prima, con ai piedi le stesse dr. Martens a calpestare un suolo di dieci anni più vecchio. Presenti sugli spalti dei grandi team di calcio inglesi, possibilmente per darsele a fine partita (non solo tra tifosi ma anche con la polizia), e sotto i palchi delle nuove band come Jam e Chords, danno vita a quello che poi sarà chiamato Mod79, dall'anno in cui il movimento riprende visibilità mediatica e nel quale l'incremento di vendita di parka raggiunge il 200% in Europa... sì, perchè questa seconda ondata, complice la tv a colori, i magazine musicali e un certo film (vedi box), supera la Manica e agguanta come un virus tutti gli stati confinanti... È questo il periodo in cui si formano le prime curve di ultras nelle città metropolitane i Mod partoriscono i loro successori Skinhead che con loro condividono la stessa fissa per il calcio e l' r'n'b e il soul ma snelliscono i fronzoli nell'abbigliamento...
Alla fine degli '80 il movimento pare scemare, ma di nuovo sarà questione di qualche anno e nuove band inglesi nasceranno per omaggiare le vecchie glorie e vecchie tifoserie, si pensi agli Oasis in perenne tenuta antipioggia, o alle t-shirt bianche con il simbolo Mod per eccellenza il logo della Royal Air Force, un must have degli anni '90. Un continuo gioco di citazioni che arriva fino al 2015 dove i "raduni" attirano migliaia di appassionati più o meno giovani. Insomma, è vero "una volta Mod per sempre Mod". Io aggiungerei "la classe non è acqua", e a tutti gli altri, questa volta, è consentito rosicare!

Joveline

ARTICOLO TRATTO DAL NUMERO 14 - LUGLIO 2015

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