Antonio Rezza e Flavia Mastrella, Leoni d’oro alla carriera 2018, presenteranno stasera lo spettacolo 7-14-21-28 al teatro Verdi di Sassari alle 21:30.
Li abbiamo intervistati a poche ore dall’entrata in scena
Rezza e Mastrella: 30 anni insieme. Una lunga convivenza artistica. Il Leone D’oro alla carriera è stato un bel riconoscimento dopo anni di resistenza e teatro militante. Come lo avete accolto?
Antonio Rezza: Beh, ci ha fatto piacere perché è un premio istituzionale. Mai cercato da noi. Ci ha fatto piacere soprattutto per l’invidia che avranno provato tutti quelli che non riusciranno mai a vincerlo. La gran parte di questi sono stati, e lo sono ancora, i nostri più grandi nemici dall’inizio a oggi. Quindi è più bello per questo motivo.
Flavia Mastrella: È stato bello anche perché siamo entrati negli spazi in cui mi ero nutrita per anni, cioè nella biennale di Venezia, che ho sempre frequentato da quando ero piccola.
Parliamo del sistema clientelare. Ha molto a che fare con lo spettacolo che ci proporrete stasera, ma forse è una costante della vostra poetica.
AR: Noi ce ne freghiamo di quello che ci ruota intorno. I nostri spettacoli sono contro ogni tipo di manifestazione del potere, questo è il comune denominatore di tutto quello che facciamo: aggressione alla gestione del potere. Il tratto distintivo è questo, e ogni volta viene rinnovato esteticamente.
FM: I nostri spettacoli non danno delle soluzioni ma sollevano problematiche, come succede nella realtà d’altronde: sono lavori che nascono in seno all’attualità del momento.
In questo senso siete stati aggrediti dal potere?
AR: Non lo vediamo il potere. Non lo riconosciamo, quindi non può esistere ai nostri occhi: non esiste ciò che non riconosci. È soltanto un problema relazionale, non ce ne frega niente, siamo più potenti noi di chi gestisce il potere.
FM: Però la nostra potenza è radicata – diciamo così – alla forza fisica, perché fare trent’anni di teatro richiede una certa forza. Forse il teatro è la disciplina più corporea rimasta.
A questo proposito, c’è una differenza tra Rezza attore e Rezza perfomer? Quindi tra un Rezza vestito o investito di un ruolo, e un performer che lavora di più sul corpo?
AR: Io lavoro sul corpo. Non faccio l’attore, non servo uno stato d’animo, io posso fare lo spettacolo anche adesso, non è che mi devo concentrare, è energia. Detesto la schizofrenia degli attori: non capisco come un attore riesca a passare da un autore a un altro… cioè non può essere sempre motivato da un fuoco che lo divora! La questione è mercenaria e quindi giochiamo su altri tavoli; noi non siamo mercenari, siamo autori di quello che facciamo, sentiamo profondamente l’autore. Per questioni contingenti l’attore è costretto a interpretare Shakespeare, Pirandello e autori moderni, sempre; è costretto a fare le fiction, a fare Pasolini. C’è una sorta di schizofrenia dovuta al cambio di ruolo che poi si spiega con i soldi che percepisce. È una vita più sventurata quella dell’attore.
Voi parlate di habitat, mentre quasi tutti o tutti parlano di scenografia. Parlateci di questa dimensione.
FM: Io e Antonio ci siamo uniti per andare avanti ognuno con la sua disciplina: io con l’arte figurativa e Antonio con quella performativa. Noi lavoriamo sulla performance e non sulla prestazione attoriale, praticamente stiamo nel teatro per comodità. Quando ho iniziato c’era già una crisi espressiva e già si capiva che l’arte doveva andare verso l’interazione, la crisi dell’arte adesso è totale: i mezzi per esprimersi si sono raddoppiati, però non c’è una cultura pronta ad accoglierli, quindi la soluzione più comoda è stata andare dentro il teatro.
Nel documentario ‘Milano, via Padova’ scherzate parecchio sugli stereotipi a carico dello straniero, che si sono imposti nella cultura grazie ai mass media. Ci siamo chiesti: un sardo, che è una persona notoriamente bassa (il riferimento è a una clip del film, dove Rezza ironizza sulle discriminazioni definendo i bambini “persone basse”), lo lascereste spadroneggiare nel vostro salotto con le gambe accavallate? O magari imbalsamato?
AR: Io no. Né lui né nessun altro. Noi non siamo buoni: non penso di essere una persona buona, penso di essere una persona brava, che è diverso. Non è che se uno critica quel sistema poi accoglie tutti… è una questione di come vivi lo spazio. Io non riesco a gestirlo da solo il mio spazio, figurati con uno che sta con le gambe sul divano. Non sono in grado, ma non perché sia cattivo, ci sono altri modi per essere utili a chi è in difficoltà: non c’è solamente l’ospitalità. Che poi è una questione gerarchica, perché ospitalità significa che uno è ospite e l’altro è padrone.
FM: Era una questione provocatoria. A un certo punto se n’è parlato pure a livello politico di fare una cosa del genere, in parlamento!
Non vi stanno molto simpatiche le istituzioni… invece il pubblico, in senso ampio, vi sta simpatico? Se aveste un potere assoluto, che ne fareste del pubblico?
AR: Noi adoriamo chi viene a vederci.
FM: Questa è un’ipotesi al di fuori della realtà, perché il pubblico in quanto collettività è molto perseguitato. Noi dovremmo fare la lotta per riempire i teatri con almeno 100 o 200 persone, qua si va sempre più al ribasso. Questo succede perché si vuole evitare qualsiasi comunicazione di massa – la comunicazione tra individui – che non passi da questi (e indica uno smartphone, ndr).
È la prima volta che venite qua a Sassari?
AR: Ci siamo stati 20 anni fa, con Pitecus, quando feci la presentazione del mio primo libro (Non cogito ergo digito, Bompiani 1998 ndr); il professor Leonardo Sole, che ho saputo è venuto a mancare pochi anni fa, mi fece da relatore. Il teatro era stracolmo di universitari, è stata una serata fantastica.
Avete progetti futuri? Cosa bolle in pentola?
AR: Dovremmo girare un film inchiesta in Sardegna in collaborazione con la Film Commission e Sardegna Teatro. Il tema non lo anticipiamo perché ogni volta che anticipiamo una cosa ce la fregano, sarà un esperimento sociale come “Milano, via Padova”, un lungometraggio. Faremo dei sopralluoghi anche in questa zona e cominceremo a girare tra maggio e settembre 2019.
Grazie mille per la disponibilità
AR: Grazie a voi. Ci vediamo stasera, portate amici e nemici!